CRITICA - Andrea Boltro

CRITICA - Andrea Boltro

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Critica di Anna Caterina Bellati

“Con Andrea Boltro i cavalli di Musardo si trasferiscono in città, anzi nel cuore di una metropoli pulsante. Figlio della Nuova Figurazione dopo essersi accostato all'Espressionismo tedesco e quindi avere attraversato un periodo dedito all'Informale, l'artista di Torino, dove è nato nel 1953, oggi è concentrato sul tema dell'uomo che si confronta con i problemi teoretico-esistenziali della contemporaneità. Cronista del quotidiano, racconta squarci di vita impiegando quasi esclusivamente i colori primari, bianco, nero, blu, giallo, rosso. I suoi dipinti composti per blocchi geometrici tuttavia resi omogenei dalla liquorosità del bianco, al quale l'artista concede maggiore pastosità e presenza, raccontano storie qualunque cui attribuisce una valenza precisa grazie a un artificio. Il soggetto sul quale vuole attirare l'attenzione, si tratti di un uomo in bicicletta che attraversa a un incrocio, di una ragazza che a cavalcioni della sua bici torna a casa dopo avere comperato delle baguettes fresche, o di una coppia di ragazzi che bighellona nel pomeriggio domenicale, Boltro mette in evidenza questo comparto del dipinto dandogli maggiore nitidezza. Anche per l'opera eseguita addosso alla sagoma dei due cavalli mantiene il medesimo metodo. Un camion nero e bianco ingombra il centro di una città americana. Collocato proprio nel ventre dell'animale romba con tutta la sua potenza mentre dietro s'innalzano grattacieli silenziosi. Il realismo di Boltro ancora una volta si organizza intorno a un microcosmo per parlare del macrocosmo. Chi starà guidando quel camion? Quest tizio avrà una famiglia da qualche parte, dei bimbi che lo aspettano, qualcuno starà alzato in attesa del suo ritorno; o si tratta di una di quelle figure quasi mitiche che attraversano gli States quasi senza scendere dal loro mostro d'acciaio? Non lo sapremo mai, perché proprio in questo consiste il fascino dei dipinti di Boltro, lasciare libera la nostra immaginazione”.

“With Andrea Boltro the horses by Musardo move into the city, actually in the heart of a pulsing metropolis. Son of the New Figuration, after having approached the German Expressionism and therefore undergone a period dedicated to the Informal, the artist from Turin, where he was born in 1953, is today concentrated on the theme of man who confronts himself with the theoretical-existential problems of contemporary life. Reporter of everyday life, he tells us about glimpses of life using almost exclusively the primary colours, white, black, blue, yellow and red. His paintings made up of geometric blocks, however, made homogeneous by the fluidness of the white, to which the artist gives greater softness and presence, telling stories to which he gives a precise value through an artifice. The subject to which he wants to attract attention, is a man cycling through a crossroad, of a girl astride her bike going back home after having bought fresh baguettes, or a couple of boys lounging on a Sunday afternoon, Boltro highlights this area of the painting giving it greater sharpness. The work done by him on the two horses maintains the same method. A black and white truck blocks the centre of an American city. Located right in the belly of the animal it roars with all its power while behind silent skyscrapers rise. The realism of Boltro again is organized around a microcosm to speak about the macrocosm. Who is driving that truck? This man has a family somewhere, kids who are waiting for him, someone will be up waiting for his return; or is it one of those almost mythical figures crossing the States who hardly ever get off their steel monsters? We will never know, because this is exactly where the charm of Boltro paintings is, leaving our imagination free”.



Critica di Alberto D'Atanasio

“Andrea Boltro ha dipinto uno dei suoi scorci metropolitani. Ho avuto modo di parlare di quest’artista con Vittorio Sgarbi che ebbe modo di apprezzare i suoi dipinti tempo fa. Sgarbi dice che la sua qualità primaria sta nel saper annotare le situazioni che solitamente sfuggono a uno sguardo meno attento e che riguardano la folla anonima che fluisce senza sosta nelle nostre strade cittadine. Io aggiungerei che in quest’opera e in questa situazione di non casualità Andrea Boltro ha saputo unire la malinconia di Edward Hopper alla poetica dinamica e giovanile che fu di Umberto Boccioni. In Boltro le immagini delle metropoli diventano icone, quasi che il vivere stesso nella semplicità e nell’anonimato della città sia da immortalare perché abbia la stessa dignità di una rinascimentale Monna Lisa. La tecnica è ineffabile, quasi stoccate di colore che bilancia sapientemente con grigi, scuri, neri e colori brillanti. In questa opera è come se il cavallo di Musardo divenisse la sagoma che si forma cancellando con il dorso di una mano il vetro appannato di quel treno che non torna mai da dove è partito, solo la mano dei poeti e dei pittori come Boltro ci aiutano a far si che il tempo, se non si può fermare, possa almeno colorarsi”.



Critica di Paolo Levi

La materia pittorica del Silenzio

“Andrea Boltro […] opera con delicatezza, attraverso una pittura vibrante, decisa e compositivamente ineccepibile. Grazie a questo artista si può ben dire che la pittura ha ancora una ragione di essere: applicando il magma cromatico con sapienza, egli gioca di toni contro toni; il suo mondo è fatto di presenze-assenze silenziose che nascono da una stesura fortemente segnica. Boltro non è pittore di materie esplosive, ma esaltatore garbato dei colori del quotidiano, e portatore di un messaggio etico visivamente esplicito. I suoi quadri rappresentano quindi la dimensione di un approfondimento intellettuale e la costanza di una riflessione sullo stile. Quando poi le emozioni emergono dal rigore della definizione formale sono momenti rari che oltrepassano, forse non voluti, l’autocontrollo dell’artista – rilevano le tracce di un’introspezione severa. […]”.



Critica di Vittorio Sgarbi

“L 'uomo e la natura sono le tematiche predilette del pittore Andrea Boltro, il quale prima di essere un affabulatore di immagini è soprattutto l'artefice di una cromia, la cui espressività si fa narrazione concretamente ancorata a una realtà del tutto riconoscibile. La sua qualità primaria sta nel saper annotare le situazioni che solitamente sfuggono a uno sguardo meno attento, e che riguardano la folla anonima che fluisce senza sosta nelle nostre strade cittadine. […] Il tratto pittorico non gioca qui tanto sulla precisione quanto sull'allusività, e definisce le fisionomie grazie a un gioco di impressioni cromatiche e di segni incisivi. [...] Le figure si stagliano qui in movimenti semplici, che rientrano in un ordine classicamente composto, ma che sembrano rivelare le tracce di un deragliamento psicologico, come se l'artista volesse denunciare un'ira atavica, una rabbia sommessa priva di ipotesi salvifiche. Restituita alla vita in forza di un colore fluido ma corposo, questa umanità è ombrosa, impetuosa, sull'orlo di una crisi si direbbe, ma controllata da una ferma razionalità. [...] Le sue composizioni figurali sono avvolte in silenzi enigmatici, e tuttavia vi spira un'energia vitale che nega qualsiasi implicazione metafisica. Questo dinamismo visivo poggia sulla violenza espressiva del segno e del colore che denotano le fisionomie e i corpi, la cui materia cromatica lascia lo spazio all'indefinitezza che suggerisce l'idea di una solitudine indifesa”.
(da “I giudizi di Sgarbi”)


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